La mancanza del Timor di Dio
La mancanza del Timor di Dio
La mancanza del Timore di Dio
di Enrico Salvi

La diagnosi di Florenskij,
che individua la causa basilare della decadenza ecclesiale nella «mancanza del
timore di Dio», può risultare stimolatrice per un esame di coscienza in quanti,
ecclesiastici e laici, hanno finito per assumere, forse a loro stessa insaputa,
una visione antropolatrica della Chiesa e della vita, che, come i fatti
dimostrano, ha fatto propria una micidiale miscela di catto-comunismo,
catto-liberalesimo e catto-radicalesimo sodomita e pedofilo, sicché nell’ambito
della Chiesa cattolica i portatori di una tale miscela hanno completa libertà
di parola, mentre chi cerca di vivere la cattolicità e di testimoniarla anche
con le parole viene regolarmente additato come un pericoloso retrogrado quando non addirittura ignorato, ovvero
ucciso attraverso il silenzio (vedi il “misericordioso” silenzio di Bergoglio
circa i dubia su Amoris Laetitia).
Particolarmente
significativo e inquietante, in Florenkij, il paragone della stufa che brucia
ma non si sa «dove si trovi il fuoco e il carbone che brucia». Durante la lettura
del brano sarà bene tenere presente che il Timore di Dio è uno dei sette doni
dello Spirito Santo e nulla ha a che vedere con la misericordia a buon mercato
propinata a danno delle anime dall’attuale magistero. Invece: «La Sua salvezza
è vicina a chi Lo teme» (Sal 84 (85) 10, e anche Nostra Signora ce lo ricorda:
«La Sua misericordia si stende su quelli che lo temono (Luca 1, 50) .
L’errore nasce dalla mancanza, insita nel nostro tempo, di una comprensione generale del mondo; ciascuno si accontenta di frammenti e di pezzi delle più svariate idee, cosa che non raramente porta all’errore, perché il pensiero accetta delle condizioni in cui è già insito il rinnegamento del cristianesimo, ci sono già i germi di questo rifiuto che immancabilmente, e contro la sua volontà, necessariamente conducono l’uomo al rinnegamento di tutto.Ma si possono indicare alcune esperienze concrete attuali sulla cui scorta è possibile accostarsi al problema. Vi sono oggi, nella nostra vita, la visione del mondo ortodossa e tutta una serie di visioni che contengono in se stesse idee non ortodosse, o con condizioni che alla lunga inconsciamente conducono all’ambito non ortodosso. Dal punto di vista esteriore si distinguono appena dall’ortodossia, perché le loro tesi sono formulate in modo quasi identico, per cui la differenza fra queste e l’ortodossia non consiste in questa o quella formula, ma nell’indirizzo generale del pensiero.Se noi formuliamo la nostra visione del mondo senz’altro secondo il senso dell’ortodossia, in realtà ci siamo discostati gradualmente e quasi senza accorgercene dalla struttura della vita ecclesiale e ci troviamo sulla stessa via del protestantesimo. Ecco un esempio: al posto della candela di cera che ha un senso così profondo ci sono nelle nostre chiese tubi di latta nei quali viene versato qualcosa, non olio, ma una qualsiasi miscela. Al posto della luce naturale simbolica, abbiamo una luce elettrica priva di vita, il vino non è vino d’uva, come se tutto questo fosse indifferente; la norma non viene seguita, le formule del culto vengono modificate subendo una trasformazione molecolare. All’inizio le singole parole della lingua ecclesiastica slava vengono sostituite da parole russe, poi interi passaggi, poi tutto è russo. Ma una volta che si cambi la nostra liturgia ed essa non corrisponda più all’ordinamento e alla norma, allora è chiaro che così il culto viene immancabilmente falsificato.Certo, ciascuna di queste sostituzioni è piccola e di poca importanza, ma senza entrare nella discussione se sia veramente piccola o no, viene da chiedersi: che cosa significa tutto questo? Perché un qualche significato lo dovrà avere questo soppiantare tutto ciò che è ecclesiale, e in sé deve apparire come un processo inesorabile di cui non si intravede la fine.Alla base di questo fenomeno sta la mancanza del timore di Dio. Il timore di Dio significa la sensazione di trovarsi costantemente faccia a faccia con l’Essere Supremo, di sperimentare continuamente con tutti i nostri sensi, con tutto il nostro organismo, con tutto il nostro essere uno strato ontologico a cui le nostre misure consuete non si adattano. È la mancanza di questo sentimento che ci induce ai cambiamenti nel culto. Noi non ci permettiamo di fare dei cambiamenti in un appartamento altrui, di spostare mobili, di modificare la biblioteca, ma nella Chiesa lo facciamo senza conoscere i motivi segreti che determinano l’esistenza dell’ordinamento; in una parola, ci comportiamo come se non fossimo in una casa di Dio, ma in un’istituzione umana. La causa di tutto ciò è la mancanza dell’ontologico nella nostra visione del mondo; noi non portiamo a termine alcun pensiero e dimentichiamo continuamente che cosa è autentico e che cosa è secondario in un fenomeno. Dimentichiamo che la nostra realtà è soltanto l’imitazione di un’altra realtà superiore, e che non è un valore in sé, ma è portatrice di un’altra realtà più alta. Dimentichiamo che il culto a Dio non è un spettacolo su un palcoscenico, ma la rivelazione di un altro strato nella nostra sfera dell’essere. Una simile visione del mondo, una simile comprensione del mondo è espressa molto raramente in termini chiari, è vero, ma tanto più difficile è da combattere e tanto più gravi e pericolosi sono i suoi effetti. È un po’ come il caso di un incendio latente. C’è il fumo, non è possibile chiudere al stufa, ma non si sa dove si trovi il fuoco e il carbone che brucia. Una tale comprensione del mondo può essere caratterizzata come una visione non religiosa, come positivismo [...] Il punto di vista ortodosso vede invece il mondo permeato dai raggi della Verità, vede in questo mondo un altro mondo, scorge nell’essere delle creature il simbolo di un altro mondo».
http://blog.messainlatino.it/2019/01/la-mancanza-del-timor-di-dio.html
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